La prima storia di agosto

Primo agosto, il giorno in cui “conosco” per la prima volta le sette ragazze che incontrerò da lì a pochissimi giorni durante una sessione.

Tante parole, descrizioni, tante domande con ancora poche risposte, tantissime emozioni. 

È sabato, la mattina degli arrivi e l’emozione è tanta. Arrivano in gruppo tra ragazzi e ragazze accompagnati dalle loro due educatrici e due neuropsichiatre.
Sette splendide adolescenti, tutte diverse tra loro ma con un grande cuore che le accomuna. Sono timorose, timide, non sanno bene cosa le aspetterà ma sono pronte ad uscire dal loro guscio, con i loro tempi, giorno dopo giorno. 

Ho detto loro che potevano scrivere e attaccare in giro su post-it colorati nella casetta tutto quello che poteva venirgli in mente, giorno per giorno: c’è chi riportava parole dette insieme, chi sentimenti, chi nomi di ragazzi conosciuti al camp e chi invece si scriveva un messaggio: "ME, RISCOPRIRMI". 

Questo è il messaggio più potente che mi piace ricordare. La possibilità di riscoprirsi, di sorprendersi e di capire quanta forza c’è stata e ci sarà per poter guarire e ricominciare. 
Quando sono arrivate le difficoltà maggiori erano quelle di stare insieme a così tante persone, di dover parlare con loro, di dover fare qualcosa tutti insieme. Arrivavano a sera molto stanche, con la voglia di buttarsi nel letto, non abituate a fare così tanto in così poco tempo. 

Invece hanno mangiato insieme a più di 80 ragazzi, hanno cantato e ballato insieme a loro, hanno “brindato” quando il primo giorno al primo brindisino si sono coperte le orecchie, hanno scalato pareti, hanno imparato a mangiare senza pensare a quanto stavano mangiando, hanno fatto amicizia, si sono tolte quella felpa oversize che faceva da scudo e le proteggeva, hanno scelto di mettersi in costume, si sono truccate, si sono scambiate abbracci, numeri e risate con tutti gli altri. 

Hanno disegnato, hanno creato, hanno recitato, hanno fotografato e si sono fotografate.. sono sbocciate! Hanno condiviso i loro dolori con gli altri, si sono aperte, confidate, si sono prese in giro!

Non nego ci siano stati anche tanti momenti difficili, pianti, bisogno di stare sole, bisogno di parlare con persone conosciute, avere al loro fianco le loro dottoresse. Dottoresse ed educatrici sono arrivate forse con un po' di paura per l’ignoto, con un forte senso materno di protezione nei confronti delle loro ragazze e dei loro ragazzi. 

Ma si sono fidate, così come le loro dottoresse che le accompagnavano. Le ragazze hanno cominciato a prendere noi come riferimento, a chiederci aiuto, a dirci “voglio provarci”, “sono stanca”, “ho paura”, “Martina, possiamo uscire insieme un attimo?”, “ora non ho più bisogno di parlare con la Dottoressa”, “ma l’anno prossimo possiamo tornare?”, “ma come si diventa dynamici?", facendo i calcoli poi di quanto mancasse a compiere 18 anni, “non voglio tornare a casa!” “Ti voglio bene”.


Queste ragazze hanno un bagaglio fatto di tanta paura, tanto dolore provato, tanti “demoni” ma con una forza che in poche persone ho visto ed hanno provato a starci in quella paura e hanno capito che c’è la possibilità di stare bene, di essere felici.

Non possiamo cambiare la loro vita in un giorno, non possiamo promettere che ci saranno sempre momenti buoni e felici, ma quello che abbiamo fatto è stato regalare a tutte loro la possibilità di fare un passo oltre la loro paura, insieme!


E avere l’opportunità di poterle accompagnare in questa scoperta ma soprattutto conquista è stato un viaggio bellissimo!

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